In questi giorni gira sui social, su diversi siti e sui giornali la notizia che alcuni circoli del nord Italia, concentrati su Milano e Torino, hanno fatto ricorso al TAR per sospendere il DPCM in vigore che equipara i campi da tennis al coperto ai locali al chiuso. La norma attuale, infatti, permette agli agonisti di allenarsi indoor ma non di svolgere le lezioni delle scuole tennis.
Vi riportiamo di seguito l’annuncio integrale, ma ci chiediamo se i circoli pavesi lo avessero ricevuto prima per una loro eventuale adesione. Certamente un iniziativa lodevole ma che poteva probabilmente raccogliere maggiore partecipazione.
L’ANNUNCIO DEL RICORSO (testo prodotto dai circoli promotori dell’iniziativa)
Consci dell’emergenza in cui tutto il Paese versa riteniamo che ogni settore abbia il diritto di tutelare la propria sopravvivenza, sottoponendo alle Istituzioni le peculiarità proprie delle singole realtà, in modo che meglio si possa legiferare su aspetti che è normale siano poco conosciuti da chi, in un momento di grande crisi come questo, è chiamato a decidere per l’intero contesto produttivo nazionale.
Come operatori del tennis vogliamo far presente che il nostro sport, da sempre, è stato considerato il più sicuro, anche nell’attuale condizione di emergenza e ingenti sono stati gli sforzi, di natura non solo economica, per adeguarci alle richieste statali relative ai presidi medici e all’adozione di tutte le misure necessarie volte a garantire la sicurezza sanitaria. Proprio in virtù di queste premesse, l’intenzione è far ripartire l’intero movimento, non sono quello prettamente agonistico, con il placet delle autorità competenti affidandoci alla legge e alla scienza.
A ridosso delle festività natalizie abbiamo quindi proposto un ricorso al TAR del Lazio per ottenere la sospensiva del DPCM attualmente in vigore che consente ai circoli e alle società sportive lo svolgimento dell’attività all’aperto per tutti gli amanti del nostro sport, ma limita ai soli giocatori agonisti quella al coperto, all’interno dei palloni pressostatici e delle strutture fisse apribili ai lati, impianti equiparati a veri e propri locali chiusi.
Si tratta di un’iniziativa collettiva nata e sospinta da diversi club e società sportive di molte città del Nord Italia, una parte del Paese duramente colpita in questi mesi dalla pandemia e per questo motivo anche estremamente sensibile agli effetti catastrofici (sia dal punto di vista sanitario che da quello economico) che ne sono derivati e ai sacrifici che tutti noi, come associazioni e come singoli cittadini, stiamo mettendo in atto per limitare e arginare il contagio.
Fatte queste dovute premesse il ricorso al TAR del Lazio è stato presentato proprio perché auspichiamo che, alla fine, in questa partita i vincitori siano la sicurezza (delle persone e della collettività) e le basi scientifiche su cui essa deve trovare le sue fondamenta. L’obiettivo è che venga posta l’attenzione sulla profonda e marcata diversità strutturale che intercorre tra un generico luogo chiuso, accessibile da molte persone nel medesimo momento, e le strutture pressostatiche. Le metrature cambiano profondamente, il circolo dell’aria cambia profondamente, la frequentazione cambia profondamente. Tutto è diverso tranne, al momento, l’impianto normativo che ne regola la disponibilità di utilizzo.
La scienza ha già evidenziato come il tennis sia uno sport sicuro, anche se praticato al chiuso. Lo è per sua natura e caratteristiche – con i giocatori distanti decine e decine di metri l’uno dall’altro – ma lo è persino di più grazie alle misure cautelative e ai protocolli che sono stati attuati nel corso dei mesi. Misure e protocolli che sono scrupolosamente seguiti e attuati in tutte le nostre strutture.
Come è stato reso noto anche dai grandi organi di stampa, non mancano gli studi e le ricerche che suffragano questa nostra tesi. Il Corriere della Sera, per esempio, in un articolo a firma di Cristina Marrone, scrive: “Abbiamo chiesto al professor Giorgio Buonanno, professore ordinario di Fisica tecnica ambientale all’Università degli Studi di Cassino e alla Queensland University of Technology di Brisbane (Australia), di calcolare se i flussi d’aria sotto i palloni pressostatici garantiscono un ricambio d’aria adeguato utilizzando i dati tecnici forniti da Plasteco, azienda di Milano che produce queste strutture. È emerso che sotto il pallone più piccolo da 3600 metri cubi il ricambio d’aria completo è garantito ogni venti minuti. Sotto quello più grande da 8500 metri cubi, che ospita due campi da tennis, ogni mezz’ora. «Ad ogni modo i volumi sono talmente immensi e le portate del ricambio d’aria così elevate che giocare a tennis sotto un pallone pressostatico è come giocare all’aperto, anche in presenza di più persone, come accade in una scuola tennis con quattro atleti più il maestro» chiarisce Buonanno”.
Lo studio citato è stato allegato al ricorso volto a ottenere la sospensione del DPCM. Sottolineiamo le parole del professor Buonanno: giocare a tennis sotto un pallone pressostatico è come giocare all’aperto. Lo abbiamo detto: il tennis sta nella stessa metà campo della sicurezza e della scienza. Per questo motivo è importante che venga accesa una luce chiara e che venga stimolata una discussione importante riguardo a una questione che si sta rivelando cruciale per l’industria dello sport nel Nord del Paese. Un’industria che ha un importante impatto economico, occupazionale e sociale e che non può essere vista come parte del problema che tutti insieme stiamo cercando di affrontare e superare. Al contrario: lo sport, e chi lo promuove sul territorio, è parte integrante della soluzione al problema e deve essere messo nella condizione di poter fungere da motore propulsivo affinché possiamo tutti insieme superare le sfide che i prossimi mesi ci metteranno di fronte.
Per questi motivi confidiamo che tutti siano dalla stessa parte, la parte della scienza e della sicurezza. Noi ci siamo e chiediamo al giudice amministrativo investito della questione di fornire, nell’udienza del 27 gennaio, una parola chiara sulle regole da applicare. Sì, perché noi siamo da sempre amanti e rispettosi delle regole. Il tennis è uno sport in cui si va spesso in campo senza arbitro, e ciò, perché il rispetto delle regole e del fairplay è connaturato al nostro sport.
Quello che ci interessa affermare è l’accertamento tecnico-scientifico e giuridico dell’assoluta sicurezza della pratica del tennis. Per farlo, noi – promotori per vocazione dello sport individuale per eccellenza – abbiamo deciso che questa partita la giochiamo di squadra. Tutti insieme. Distanti sì, ma uniti.
Gli aderenti all’iniziativa del ricorso al TAR del Lazio
Tennis Club Milano Alberto Bonacossa
Milago Tennis Academy
Sporting Milano 3
Direzione Tecnica Sporting Milano 3
Tennis Club Lombardo
Junior Tennis Milano Dario Mattei Gentili
Sporting Milano 2
Quanta Club
Canottieri Olona
Canottieri Milano
Tennis Forza e Costanza 1911
Milano Tennis Academy
Sporting Corvetto
Tennis Club Ambrosiano
Sporting Milanino
Circolo Tennis Parabiago
Sport Time Lacchiarella
Tennis Club Abbiategrasso
Tennis Club 5 Pioppi
Tennis Club Sesto
Sporting Club Saronno
Harbour Club Milano
Momy Sport Village
Tennis Club Prato Fiorito
Tennis Club Marfisa
Pro Camp Italia
Monviso Sporting Club
Ronchiverdi
Centro Sportivo Dega
R.I.T.A. Tennis Academy
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